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L'uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste

In "L'UOMO E LE MASSE nelle ideologie nazionaliste" l'autore George L. Mosse si propone di analizzare, attraverso differenti saggi, in che modo movimenti come il nazionalismo fecero leva sulle masse.
Sono molti, infatti, i legami che si estendono fra nazionalismo e popolo; se i partiti politici adoperarono il nazionalismo per acquistare il consenso popolare, le masse accolsero l'invito di questo movimento per cambiare la propria vita.
Lo scrittore sviluppa le sue tesi in dodici capitoli, che pur affrontando diversi temi risultano omogenei e bel strutturati. Si incomincia con la descrizione della LETTERATURA.
Letteratura ed arte erano i migliori mezzi comunicativi nel periodo interbellico.
Con questi strumenti gli stati puntavano a raggiungere direttamente la gente: la letteratura iniziava a filtrare anche nei bassi ceti, diventando così molto importante.
Dunque è facile capire che la letteratura assumerà uno scopo quasi del tutto celebrativo e dedito alla contemplazione del passato, per meglio volgersi al suo fine politico.
Inoltre la produzione letteraria ci fa anche comprendere la mentalità di quel tempo, mostrandoci in che modo i borghesi volessero essere descritti.
Ma i due filoni su cui l'autore si sofferma di più sono quelli del MITO e del SIMBOLISMO. La nazione si impadroniva dei miti e dei simboli del passato per dissimulare l'effettiva velocità del tempo.
Con il MITO si può interpretare una realtà facendola apparire migliore: attraverso i miti la morte, che aveva sempre terrorizzato, diventò qualcosa di meno terribile e più sopportabile. Grazie ai SIMBOLI invece, si cercava di far presa su tutte le classi.
-Non solamente il nazionalismo, ma tutte le ideologie moderne cercarono di esprimersi mediante simboli che uomini e donne potessero capire al volo-
Del resto anche i romanzi non erano altro che complessi ricchi di simbolismo, è proprio attraverso le varie figure simboliche che gli scrittori riescono a interpretare la vita di allora e a descriverla.
Il simbolo riesce a rappresentare realtà che non si possono descrivere; nella sua "brevità" e immediatezza, può esprimere concetti molto "estesi" e complessi.
A questo proposito Mosse, nel IV capitolo, ci fa l'esempio della "fiamma sacra" di D'Annunzio.
La fiamma aveva origini antiche, mitologiche e religiose; simboleggiava il sole contro le tenebre, la fertilità, la natura, -il «calore bianco» dello spirito, le passioni più nobili-; simbolo di una rinascita personale e nazionale.
Il simbolo della fiamma divenne una realtà politica, stampata sulle divise delle truppe d'assalto italiane: gli Arditi. -Il fuoco consuma e redime-
Del resto, D'Annunzio fu utile a Mussolini per il suo linguaggio figurativo e simbolismo politico. Infatti, benché Mussolini fosse affascinato dalla letteratura (lo si capisce dai suoi curatissimi proclami), e avesse poca stima per le arti visive, aveva compreso che i simboli, -dei ricordi immortali-, erano indispensabili per coinvolgere le masse. Oltre alle "studiatissime" orazioni, era necessario usare le tradizioni più antiche e le tecniche visive per coinvolgere la gente.
-Mussolini si preoccupava della folla quanto D'Annunzio-
Uno dei simboli che divenne più forte fu la bandiera; essa era legata alle eroiche azioni individuali e allo stesso tempo al glorioso passato di un intera nazione. D'Annunzio, nelle numerose feste nazionali di Fiume, utilizzava simboli cristiani allo stesso modo di quelli pagani. Il profano e il religioso si unirono, e emblemi, come la bandiera e la fiamma, iniziarono a far parte delle liturgie.
Ai simboli veri e propri si aggiungevano inoltre frasi e slogan facili da ricordare, ma dall'intenso significato.
Le feste, spesso ispirate a quelle antiche, dovevano essere riempite di simbolismo per far sentire il popolo appartenente alla nazione e fulcro del "grande progetto", legarlo al dittatore e fargli dimenticare le sventure.
Queste feste avevano il compito di far rinascere lo spirito e l'orgoglio nazionale, e di far superare le differenze di classe, in modo da costituire uno Stato fiero, compatto, e senza lotte interne.
Per le stesse ragioni furono innalzate statue e monumenti; servivano ad ottenere il consenso popolare, e per questo vennero anche ripresi culti antichi, come quelli del sole e della bellezza, e rivisitati in chiave moderna.
Anche le armi erano mostrate come simboli, segni tangibili dell'ingegno umano al servizio degli ideali. Del resto fu proprio l'attività bellica che rese più "attraenti" le dittature, spezzando la monotonia borghese.
Furono proprio gli slogan, i cori, i simboli ripetuti all'infinito, ad "addomesticare" alla rivoluzione. I riti stessi del fascismo potevano apparire nuovi, ma in realtà derivavano dalla fusione di elementi tradizionali alle nuove ideologie.
-Il fascismo voleva appropriarsi di tutto ciò che tra '800 e '900 aveva affascinato le genti: romanticismo, liberismo, socialismo, darwinismo e tecnologia moderna-

Ma i primi a far uso di simboli nell'età moderna non furono i totalitarismi fasci-nazisti.
Già durante la Prima Guerra Mondiale si faceva uso dei simboli, anche se lo scopo non era quello politico come avverrà in seguito, ma era un bisogno più inconscio e meno studiato.
Durante la Grande Guerra si incominciò a mettere la croce anche sulle tombe di caduti non cristiani, la croce era diventata l'emblema dell'eroe.
La natura e l'uomo, che rappresentavano lo sgomento della morte, furono appaiati a segni di speranza. La natura era il sinonimo di malinconia, autenticità e sacrificio in tempo di guerra; l'albero e il bosco, che erano i "portavoce" della natura innocente e della vita, si prestarono benissimo per nascondere i cimiteri e per ricoprire i desolati campi di battaglia.
La natura con la sua vitalità poteva mascherare morte e distruzione, con il suo silenzio e la sua quiete di pace poteva contrapporsi alla devastante guerra.

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